Brexit, “non si può campare di Erasmus”

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L’opinione di Luca Capuzzo, Rappresentante degli Studenti.

Sono sorpreso dal fatto che molti ritengano la vittoria del leave una colpa da imputare alle generazioni più anziane (smentiti dai dati sulla debolissima affluenza al voto dei giovani). Al di là dell’aberrante accusa di non pensare al futuro dei giovani, poco galantemente rivolta a chi i giovani li mantiene, mi stupisce l’ingenuità con cui si crede che l’Unione Europea sia un idillio di pace, prosperità ed Erasmus. Sarebbe più costruttivo analizzare il voto dal punto di vista sociale, da cui probabilmente emergerebbe che a votare leave sono stati gli sconfitti della globalizzazione, ovvero quella working class penalizzata dall’apertura smodata alla concorrenza di chi accetta di lavorare in cVote-leaveambio di un salario inferiore (alias immigrazione). Quelli, insomma, che hanno già capito che non si può campare di Erasmus.

Durante la campagna si è parlato dei vantaggi dell’uscita e degli svantaggi dell’uscita, ma dei reali vantaggi del rimanere nemmeno l’ombra. Ora i giovani versano lacrime per la possibilità che i programmi di scambio culturale subiscano restrizioni. Concordo che non sia una cosa positiva, ma veramente crediamo sia un elemento rilevante sul piano della politica internazionale? Oltretutto, ha senso aggrapparsi all’Erasmus pur di riuscire a dare un’immagine benigna alla tecnocrazia europea?

L’UE, sommando le economie degli stati membri, è (o forse era) la prima economia mondiale, oltre che una delle prime potenze militari se si sommano le forze nazionali. Ciò che emerge, tuttavia, è una totale inettitudine sul piano internazionale (basti pensare al pasticcio ucraino), a cui fa da contraltare una drammaticamente severa politica di austerità rivolta all’interno. Questo a me basta per considerare l’UE come un’esperienza da archiviare il prima possibile, poiché è l’esatto inverso di quello di cui gli stati membri hanno bisogno. Posso capire le preoccupazioni che riguardano l’andamento del PIL, ma una domanda è doveroso farsela: ha senso fare sacrifici per creare ricchezza se poi questa non viene redistribuita fra le classi sociali? Dal punto di vista dei banchieri e dei grandi industriali che hanno tifato per il remain, certo che sì.

L’Europa è, e sarà sempre, il cuore del mondo. L’Unione Europea è un’altra cosa.

 

L.C.

 

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