Il voto dei fuori sede: costi elevati e pochi sconti

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Le votazioni nel 2020

Il 2020 è, e sarà, un anno molto importante per quanto riguarda le elezioni.

Si è partiti a gennaio con le elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria, mentre, nei prossimi mesi, gli elettori saranno chiamati a scegliere i propri rappresentanti in Valle d’Aosta, Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto.

Il 29 marzo, invece, sarà la volta del tanto sentito referendum costituzionale


Il referendum del 29 marzo 2020

In poche parole, gli italiani dovranno scegliere se approvare o respingere la richiesta di diminuire il numero di deputati e senatori, passando da 630 a 400 per il Parlamento, e da 315 a 200 per il Senato.

E così, come per ogni votazione, l’universo universitario entra in una profonda crisi che, nonostante la fondamentale importanza del problema, continua non trovare una risposta.

Si tratta della problematica degli studenti fuori sede (cioè chi studia al di fuori della propria regione), che ammontano a circa il 27,4% di tutti gli studenti universitari d’Italia, secondo l’indagine effettuata dall’ “Osservatorio Talents Venture, 2019 – Il fenomeno degli studenti fuori sede”.

Tutti gli elettori, infatti, per poter esercitare il proprio diritto, hanno l’obbligo di recarsi nel proprio comune di appartenenza, senza la possibilità di spostare il proprio seggio in un altro comune che, come nel caso della maggior parte dei fuori sede, rimarrebbe provvisorio.

Ciò che risulta difficoltoso è, quindi, lo spostamento che, nei casi degli studenti più lontani da casa, comporta una grossa spesa di tempo e finanze.


Esistono delle riduzioni di prezzo? 

Si, esistono.

Trenitalia, Italo e Alitalia offrono a coloro che decidono di tornare a casa per votare delle riduzioni al prezzo dei biglietti. Per ottenerli, è necessario esibire la tessera elettorale quando avviene l’acquisto o (se esso avviene online), durante il controllo dei ticket.

Un’iniziativa decisamente positiva, se non che, questi sconti rimangono ancora quasi ininfluenti per le risorse finanziarie, visto che i prezzi continuano ad essere elevati (anche se si tratta di sconti pari al 60-70 per cento per i treni e di quaranta euro per gli aerei)

Grazie a una piccola indagine effettuata via social, si può notare come aerei e treni siano i mezzi più utilizzati dagli studenti fuori sede per tornare nel comune di residenza, a seconda, ovviamente, della loro zona di provenienza.

Su 35 fuori sede, 12 spendono più di cento euro per viaggiare, mentre tre studenti su quattro credono che a limitare il loro diritto di voto sia proprio l’elevato costo di spostamento.


Quanto si spende?

Prendendo come esempio tre città italiane situate al nord, sud e isole, e rapportate all’ ateneo scaligero, si può notare come i costi subiscano delle grosse differenze.

Il viaggio meno caro, (anche perché più vicino a Verona), risulta essere la città di Aosta, con una spesa di circa 50 euro, andata e ritorno in treno.

La sorte invece, sarebbe diversa per un ipotetico studente di Lecce che, in treno, spenderebbe circa 100 euro per andare e tornare dalla sua città.

Stesso destino per chi necessiterebbe di tornare a Cagliari, con ben 125 euro di spesa andata e ritorno, stavolta in aereo, ovviamente.

Costi elevati, distanze non indifferenti e riduzioni di prezzo esigue non consentono a chi studia fuori sede di esercitare completamente il proprio diritto di votare, lasciando scoperta un’importante fetta della popolazione votante d’Italia.

Le soluzioni potrebbero essere diverse, come il voto per corrispondenza, già attivo e funzionante per gli italiani all’estero.

Purtroppo, nonostante la grossa importanza del problema, le domande rimangono tante e le risposte ancora troppo poche.

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