La filosofia del Trono di Spade

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Il fantasy “atipico” di Martin: tra politica, lotta per il potere e l’inverno che avanza

di Gianmaria Busatta

 

 

Il Trono di Spade è una serie televisiva di genere fantastico, nata come adattamento dell’opus magnum letterario firmato da George R. R. Martin, le Cronache del ghiaccio e del fuoco. La trama si svolge in un mondo immaginario composto sostanzialmente da Westeros, il Continente Occidentale, ed Essos, quello Orientale. Anche la collocazione temporale non è definita e la civilizzazione della società ha i connotati propri dell’età medievale. La città più grande e importante è Approdo del Re, la capitale dei Sette Regni, presso cui si trova il Trono di Spade, simbolo di potere e comando. Ambito da molti, il Trono diventa oggetto di contese e stratagemmi machiavellici da parte di molte casate nobiliari e dinastie. Su questo sfondo di intrighi politici, economici, morali e religiosi nel Nord del reame si accende una seria minaccia: un inverno diverso dai precedenti, che risveglia creature leggendarie ed oscure.

Aspettando l’ottava (e ultima) stagione, la serie televisiva (Game of Thrones è il titolo originale) ha macinato successi su successi ed è una delle più seguite in assoluto. La saga non rispecchia i canoni del fantasy più tradizionale: non si racconta la tradizionale lotta del bene e del male. Il Trono di Spade possiede infatti i caratteri di una storia meramente politica, in cui i personaggi, posti di fronte a scelte ardue e complesse, assumono sfumature di comportamento variabili e talvolta imprevedibili.

Dunque, sesso e violenza sono solo apparentemente gli ingredienti principali di questa serie televisiva, perché c’è molto, molto di più: terrore, inganni, denaro e, soprattutto, potere. Potere, appunto. In ogni episodio la politica è la chiave di lettura narrativa principale e assume il significato di lotta per conquistare o mantenere il potere, avvicinandosi alle tesi che Niccolò Machiavelli ha espresso nella sua opera Il Principe, cioè come arte e tecnica di Stato. La politica è pertanto quella disciplina che si occupa del potere, allontanandosi dalla nozione aristotelica di “buon governo”. Gli episodi della serie sono scevri di argomentazioni pluraliste, che, invece, compaiono nei discorsi politicamente corretti, che tentano di escludere l’essenza del conflitto in qualsiasi dialettica. Nel Trono di Spade la logica dell’amico/nemico, chiave del pensiero del filosofo Carl Schmitt, rappresenta la chiave di lettura di ogni discorso politico.

Lord Varys: Il potere è una cosa curiosa, mio signore. Sei amante degli indovinelli?

Tyrion Lannister: Perché? Sto per sentirne uno?

Varys: Tre grandi uomini siedono in una stanza: un re, un prete e un uomo molto ricco. E in mezzo a loro c’è un semplice mercenario. Ognuno di questi uomini chiede al mercenario di uccidere gli altri due. Chi vive? Chi muore?

Il mondo fantastico di Game of Thrones (il titolo originale viene da noi ritenuto più efficace) è una grande scacchiera, in cui numerosi personaggi e fazioni conducono una strenua lotta per la supremazia e il riconoscimento della legittimità del proprio potere. Da una parte, infatti, individuiamo i despoti e gli oppressori che, imponendo il terrore ed esercitando la violenza, sono in grado di affermare i princìpi di legittimità; dall’altra, i retti e gli onesti, i quali non sono in grado di divenire legittimi (o essere legittimati) se prima non esercitano il potere.

Così come nel Trono di Spade così in Machiavelli la politica assume connotati duri e sporchi, in cui lo scopo tende sempre a prevalere sui mezzi, e la morale e l’onore non sono sempre (anzi, mai) delle priorità. Ciò coincide con la Realpolitik, termine coniato da uno storico tedesco seguendo l’attività del cancelliere tedesco Otto von Bismark nella seconda metà dell’Ottocento per indicare una politica pragmatica nel conseguire gli interessi nazionali, senza rinunciare a profili di segretezza e di spregiudicatezza e cercando di mantenere una larga accettazione da parte dell’opinione pubblica.

Ciononostante, è fallace asserire che il potere nasca esclusivamente dalle punte delle spade e dalla paura, dalla crudezza della Realpolitik, perché talvolta esso è generato dal gramsciano ottimismo della volontà. Perché, come asserito dal geniale Tyrion: «la mente dipende dai libri quanto la spada dall’affilatura». Concludendo il dialogo tra Tyrion e Lord Varys sopra iniziato:

Tyrion: Dipende dal mercenario.

Varys: Sicuro? Non possiede né corona, né oro, né il favore degli dei.

Tyrion: Ha una spada, il potere di vita e di morte!

Varys: Ma se sono i guerrieri che dominano, perché fingiamo che siano i re a detenere il potere? Quando Ned Stark è stato decapitato, chi è stato il vero responsabile? Joffrey? Il carnefice? O qualcos’altro?

Tyrion: Ho deciso che odio gli indovinelli.

Varys: Il potere risiede dove gli uomini credono che il potere risieda. È un trucco, un’ombra sul muro. E un uomo molto piccolo è in grado di proiettare un’ombra molto grande.

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