Storie dal pianeta Veronetta: rappresentazione di un quartiere e del mondo

Biblioteca Frinzi
Scorcio della Biblioteca Frinzi. Foto di Andrea Pistillo (@andrenvoyage)
Tempo di lettura: 2 minuti

Una raccolta di racconti sul quartiere universitario, visto dai suoi abitanti

di Laura Chilla

Marina Sorina si è trasferita dall’Ucraina in Italia nel 1996. Lavora come guida turistica qui a Verona e lo scorso giovedì 27 settembre ha presentato il suo nuovo libro Storie dal pianeta Veronetta alla Biblioteca Civica.

Il dialogo con l’autrice è stato mediato da Gian Paolo Romagnani, docente di Storia moderna all’università di Verona, incarico propostogli dall’autrice e accettato con piacere in quanto si considera egli stesso un abitante di Veronetta nonostante non viva Verona.

Marina Sorina

Marina Sorina alla presentazione del libro

Storie dal pianeta Veronetta è una raccolta di 14 storie per un totale di circa 50 personaggi fittizi, ma ispirati alla realtà di questa zona, spesso malvista e considerata degradata. Tuttavia, risulta anche giovane e dinamica grazie alla presenza dell’Università. Queste storie e i loro personaggi, molto diversi tra di loro per origine e storie personali, vogliono essere “un’istantanea del quartiere com’è adesso, anche se la sua immagine è già cambiata da quando il libro è stato pubblicato”, come spiega la stessa autrice.

Grazie a questo libro, Sorina vuole raggiungere due obiettivi: da una parte mostrare l’identità della Veronetta quotidiana al di là delle notizie che possiamo leggere sui giornali, dall’altra desidera dare a questo libro una valenza universale. Come messo in evidenza dall’autrice, possiamo vedere la multiculturalità come una risorsa, se usiamo gli strumenti giusti, e non come uno svantaggio ovunque sia presente un “mosaico di culture” ampio come quello di Veronetta.

Storie dal pianeta Veronetta

Libro Storie dal pianeta Veronetta di Marina Sorina

Marina Sorina ci ha tenuto a sottolineare che una parola chiave di questo libro è “sguardo”, infatti l’abitudine ci porta a non dare più peso ai dettagli mentre uno straniero, nel senso più ampio della parola, nota tutto per la prima volta accorgendosi anche di particolari che agli abitanti sfuggono. Tuttavia, egli ha bisogno di essere guidato nella scoperta del luogo dai suoi abitanti. Due sguardi sono complementari ed entrambi necessari per creare un dialogo: solo tramite quest’ultimo anche le combinazioni culturali in apparenza più particolari possono funzionare.

Sguardo e dialogo: due strumenti che tutti abbiamo e che ci permetterebbero di vedere il “comune denominatore umano” presente in tutti al di là delle nostre caratteristiche fisiche, messaggio che Marina Sorina vuole trasmettere con questi suoi racconti.


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