Tonya: luci e ombre di una carriera sul ghiaccio

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Margot Robbie interpreta la pattinatrice Tonya Harding
Tempo di lettura: 2 minuti

Un’epopea sportiva raccontata sul grande schermo

di Silvia Pegurri

Articolo comparso nella sezione “Cultura” del n°49 di Pass Magazine

“Generalmente le persone o amano Tonya o non sono suoi grandi fan. Proprio come le persone amano l’America, oppure non ne sono dei grandi fan. Tonya era assolutamente americana.”

Così Diane Rawlinson, interpretata da Julianne Nicholson, descrive la sua allieva Tonya Harding, che in questa pellicola vediamo con il volto dell’australiana Margot Robbie.

Nata in una famiglia, povera e atipica, riesce grazie al suo talento ad arrivare alle Olimpiadi. Una vera e propria favola, o forse no. Perché, proprio come l’America, Tonya non è come sembra, e non lo è nemmeno la sua storia. L’intera pellicola, diretta da Craig Gillespie, è controversa quanto il personaggio su cui si concentra, e mischia magistralmente finzione e realtà, pettegolezzo e fatti.

Seguiamo le orme di Tonya partendo da quando era una bambina sui pattini, innamorata del ghiaccio ma discriminata da un mondo che la vuole diversa: più ricca, rispettabile ed educata. La madre le impartisce un’educazione violenta, che la spinge tra le braccia dell’altrettanto violento Gef Gillooly (Sebastian Stan). Il mondo sembra esserle contro, dai giudici che la penalizzano per i suoi costumi fatti in casa, alla disastrosa storia d’amore. Eppure Tonya non è mai una vittima, ma un’artefice del proprio destino, capace di rialzarsi anche dopo i colpi più duri. Le riprese ci portano nel mezzo dell’azione, dove tutto inizia e finisce: sul ghiaccio.

La telecamera non si limita a seguire i movimenti da lontano, ma li esplora con impertinenza, focalizzandosi non solo sulla performance della Robbie ma anche su quella della sua controfigura. Veniamo trasportati nel bel mezzo dell’azione, e per la prima volta viviamo il pattinaggio artistico da protagonisti, non più da semplici spettatori. Il sorriso, le lacrime, il dolore e il sudore di Tonya sono veri e vicini, lontani dallo stereotipo della ballerina aggraziata troppo spesso affibbiato a chi pratica questo sport.

Ma per Tonya le cose non sono mai andate bene, e la gloria non dura a lungo. Il 6 gennaio 1994 le urla di Nancy Kerrigan (Caitlin Carver), la sua “nemica sul ghiaccio”, sconvolgono l’America. Un uomo ingaggiato dall’ex marito della Harding l’ha aggredita nel tentativo di impedirle di esibirsi per le qualificazioni per le Olimpiadi in Norvegia. Da quel momento comincia la discesa che porterà Tonya fuori dai palazzi del ghiaccio d’America, ma dentro l’immaginario comune di un’intera generazione. La verità ancora non è chiara, c’è chi dice che sapesse tutto, nonostante lei si professi tutt’ora innocente.

Immaginario comune, fantasia e realtà si incontrano per portare sul grande schermo un’epopea sportiva che ha appassionato un’intera nazione, e che ancora oggi riecheggia nella nostra memoria.

Non c’è certezza sui fatti, ma dopotutto la storia di Tonya è il sogno americano, e proprio come l’America è, nelle sue contraddizioni, unica e ambigua.

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