Reportage d’inchiesta e mafia alla prima serata del Festival del Giornalismo di Verona

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Giornalismo d’inchiesta e criminalità organizzata sono stati i temi centrali della prima giornata del Festival del Giornalismo a Verona. La prima edizione del Festival è stata inaugurata ieri all’Antica Dogana di Fiume ed è organizzata dalle associazioni Heraldo ETS, editrice dell’omonima testata giornalistica veronese online Heraldo, e dal Canoa Club Verona con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto. La realizzazione del Festival è stata resa possibile anche grazie alle donazioni di oltre 150 cittadini con cui verranno coperte le spese della manifestazione culturale.

Elena Guerra, direttrice della testata Heraldo, e Luigi Spellini, presidente del Canoa Club Verona, inaugurano il Festival del Giornalismo.

«Assostampa Veneto supporta in questo momento Heraldo e tutti i colleghi giornalisti – dice Angela Petronio, presidente di Assostampa Verona e presente ieri all’inaugurazione -, in un momento storico in cui la professione del giornalista è in seria difficoltà, sia dal punto di vista economico che qualitativo».

Qualità informativa e risorse economiche sono essenziali anche per portare avanti il giornalismo d’inchiesta, un ramo del settore dell’informazione fondamentale per la democrazia. Il giornalismo d’inchiesta dà infatti un importante contributo alla lotta contro l’illegalità, oltre a far emergere le verità più scomode. Un settore dell’informazione che permette dunque ai cittadini non solo di comprendere la realtà in cui vivono, ma anche di sentirsi davvero liberi e consapevoli nell’esercitare i propri diritti, compreso quello di voto e di elezione dei propri rappresentanti.

Da sinistra Pierpaolo Romani, Giorgio Vincenzi di Heraldo e Monica Zornetta.

Il giornalismo d’inchiesta ha inoltre permesso di evidenziare come anche in altre regioni italiane, e non solo in quelle del sud, si sia instaurata ormai da decenni la piaga della criminalità organizzata. Un tema su cui hanno discusso ieri i primi ospiti della serata: Monica Zornetta, freelance per Avvenire e Corriere della Sera, e Pierpaolo Romani di Avviso Pubblico.  «Il Veneto non è immune alla mafia. – ha affermato Zornetta – C’è una certa difficoltà nel riconoscere la presenza della criminalità organizzata e il suo potere economico anche in questa regione. Nel nostro territorio sono insediati infatti da molti anni clan e intere famiglie di ‘ndranghetisti».

Soprattutto con l’avvento del Covid-19 la criminalità organizzata ha cercato di infiltrarsi ancora di più. L’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia ha rivelato infatti che solo in Veneto ci sono state 8374 operazioni sospette e ben 1722 sono state rivelate a Verona e nella Provincia.

«Avviso Pubblico è un’associazione nata nel 1996 e mette in comunicazione diverse amministrazioni comunali per promuovere attività di formazione e di gestione delle politiche comunali a favore della legalità – spiega Romani -. Le Mafie sono organizzate e le amministrazioni comunali e gli enti territoriali lo devono essere ancora di più, in quanto nei prossimi mesi tutti i Comuni d’Italia giocheranno un ruolo molto importante nella spesa del PNRR e del Recovery Found».

Alessio Lasta di Piazzapulita dialoga con Mario Marchi di Heraldo.

Alessio Lasta, giornalista inviato di Piazzapulita, ha invece evidenziato quanto possa essere potente il mezzo televisivo nelle inchieste giornalistiche. Lasta è stato uno dei primi a entrare nelle terapie intensive e a raccontare con le telecamere il dolore inflitto dal Covid-19. «Le nostre riprese hanno fatto il giro di 43 paesi e hanno contribuito a cambiare la percezione della pandemia – spiega Lasta-. Il dolore e le emozioni vanno raccontate, sempre però nei limiti del diritto di cronaca, perché ci permettono di capire la dimensione di un fatto proprio grazie alla forza delle immagini».

Se da un lato il giornalismo d’inchiesta è fondamentale per la cittadinanza, dall’altro lato è un campo piuttosto problematico. Uno dei primi ostacoli del giornalismo d’inchiesta è la politica, a cui l’informazione italiana è sempre stata legata fin dalle origini, come hanno ben sottolineato Paolo Biondani, giornalista de L’Espresso e Gianni Belloni, direttore del Centro di documentazione ed inchiesta sulla criminalità in Veneto, nell’ultimo incontro della prima giornata del Festival. «Io ricevo una querela quasi ogni volta che scrivo un articolo, ma faccio sempre attenzione a utilizzare fonti verificate negli atti giudiziari – spiega Biondani -. Fare oggi il giornalista d’inchiesta non è semplice, specialmente per tutti i giovani freelance che non hanno alle spalle una testata che li può supportare nel caso di querele o minacce. Nel 2007, quando ho incominciato a lavorare per L’Espresso, eravamo 72 giornalisti, oggi invece siamo solo in 18, compreso il direttore, a svolgere giornalismo d’inchiesta».

Da sinistra Paolo Biondani, Tiziana Cavallo di Heraldo e Gianni Belloni.

La situazione delineata da Biondani evidenzia come i tagli sull’editoria abbiano influito anche sulla riduzione di reportage d’inchiesta e di giornalisti disposti a lavorare in questo settore dell’informazione con tutti i sui rischi. Oggi infatti ben 24 giornalisti in Italia sono costretti a vivere sotto scorta e solo nei primi 3 mesi del 2021 si sono già verificati già 63 episodi di minacce, ovvero il 50% in più rispetto al 2020, secondo il Servizio Analisi Criminale.

«Il giornalismo d’inchiesta ha un prezzo – dice Biondani – e i fruitori dovranno essere i primi a decidere se sono disposti a pagare un’informazione di qualità».

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