Festivaletteratura: “La prima volta che il dolore mi salvò la vita”

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Il Festivaletteratura di Mantova è giunto alla sua venticinquesima edizione. Nelle strade del centro storico si respira aria di libri e di cultura. Nella prima giornata Pass Magazine ha partecipato alla presentazione del libro dello svedese Jón Kalman Stefánsson, al dialogo tra Claudia Durastanti e Alicia Kopf e all’evento serale Leggere al bar tenuto da Desy Icardi e Marco Malvaldi.

Il Festivaletteratura di Mantova è giunto alla sua venticinquesima edizione. Nelle strade del centro storico si respira aria di libri e di cultura. Ad aprire la manifestazione una cerimonia inaugurale e poi un giro nella libreria del festival. Gli incontri sono stati numerosi durante la prima giornata, ieri 8 settembre, e Pass Magazine ha partecipato alla presentazione del libro dello svedese Jón Kalman Stefánsson, al dialogo tra Claudia Durastanti e Alicia Kopf e all’evento serale Leggere al bar tenuto da Desy Icardi e Marco Malvaldi.

Jón Kalman Stefánsson – La prima volta che il dolore mi salvò la vita

La prima volta che il dolore mi salvò la vita è un libro di poesie dello scrittore Jón Kalman Stefánsson, che nasce poeta ma decide poi di dedicarsi alla prosa. Questo è il suo ritorno alle origini, lo specchiarsi con un sé diverso e anzi, per citare l’autore, “ritrovare suo fratello più giovane”. Il libro si apre con una domanda “Perché questo spreco di carta?” ed è il quesito che è stato posto allo scrittore svedese nel momento della sua prima pubblicazione poetica. Stefánsson, dunque, apre il libro con un ricordo che inevitabilmente ha segnato la sua carriera, ed infatti si nota come questo ultimo suo lavoro – uscito in Islanda nel 2020 e quest’anno in italiano per Iperborea – sia non solo un libro che parla di poesia, ma di scrittura e della potenza salvifica di essa.

Jón Kalman Stefánsson è intervenuto al Festivaletteratura di Mantova; l’intervista è stata condotta da Silvia Righi, la traduzione simultanea svolta da Silvia Cosimini e l’incontro è avvenuto all’interno del Palazzo della Ragione.

Jón Kalman Stefánsson al Festivaletteratura

Il titolo della raccolta – che comprende tre volumi di poesie uscite nello scorso secolo – è appunto La prima volta che il dolore mi salvò la vita, che è anche un verso tratto dalla poesia Strazio. Impattanti sono le considerazioni a proposito di questa poesia:

Questo verso si può intrepretare sia alla lettera, sia in modo più generale. La cosa più bella della poesia è data dal fatto che ogni poeta parla di se stesso, ma ciò che scrive va oltre l’esperienza personale. La poesia Strazio, è legata ad un ricordo di me tredicenne in campagna: ero molto triste e depresso in quel periodo, avevo pensato di togliermi la vita. Dopo una giornata intera a lavorare, ritorno al casale e i contadini avevano deciso di recarsi in piscina; durante il tragitto non riuscivo a pensare ad altro che alla morte, pensavo che quello fosse il momento giusto per morire. Alla radio, poi, comunicarono la morte di Elvis Presley – cantante che personalmente non avevo mai ascoltato con attenzione – e l’ascolto dei suoi brani mi fece pensare molto: trovavo quelle parole profonde e fantastiche. Allora mi sono detto che se al mondo c’era ancora posto per tutta quella bellezza, valeva la pena di restare, di vivere e assistere alla meraviglia. Elvis Presley mi ha salvato la vita, morendo.

Il dolore del titolo è l’elemento cardine della poesia ed essa è qualcosa che può alleviare questo dolore. La poesia, come la musica, secondo Stefánsson, sono in grado di esprimere perfettamente le emozioni e la nostalgia del genere umano. Per questo motivo, dopo aver pubblicato libri in prosa, lo scrittore ha deciso di pubblicare queste poesie; esse sono libere proprio con un gatto, infatti Stefánsson paragona la poesia al felino e la prosa diventa invece un gatto:

Puoi addomesticare un cane, ma non puoi addomesticare un gatto.

Jón Kalman Stefánsson e Silvia Cosimini al Festivaletteratura

Uno dei temi ricorrenti e che influenzano tutto il libro – e la produzione dello scrittore tutta – è, certamente la musica. Essa ha avuto un’importanza fondamentale, è stata ossigeno, compagnia, ha saputo consolarlo e divertirlo. Tuttavia, anche l’amore è stato fondamentale:

siamo prima di tutto degli esseri fatti di emozioni. Queste emozioni, inoltre, fanno bene a noi autori perché dalle nostre vite e da quelle degli altri, estrapoliamo gli argomenti per scrivere. […] Basta guardarsi dentro per capire che l’amore e il desiderio sono forze che ci spingono ad andare avanti.

Lo scrittore, che per tempo aveva lasciato la poesia, racconta che nel suo immaginario sarebbe stato per sempre un poeta poiché non si credeva all’altezza della prosa. A questo punto, la consapevolezza di non essere in grado ha permesso all’autore di esprimersi anche attraverso un diverso stile di scrittura. Il pensiero si è, pertanto, mutato e il ritorno alla poesia sarebbe potuto avvenire soltanto in vecchiaia; tuttavia, la fiamma si è riaccesa subito, anzi non si è mai spenta, e a breve uscirà in Islanda il suo nuovo libro di poesie. Allo scrittore è stato poi chiesto quali fossero i libri che più hanno influito sulla sua vita e sulla sua scrittura e la riposta di Stefánsson è stata:

“Il Maestro e Margherita” è uno dei libri che avrei voluto scrivere io.

L’incontro si è concluso con un consiglio importante per gli aspiranti poeti: Stefánsson suggerisce di leggere tanto, soprattutto nella propria lingua madre perché, secondo lui, la lingua è l’arma più importante che abbiamo.

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Una risposta

  1. 10 Settembre 2021

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