The Woman in Gold: il simbolo della giustizia

The Woman in Gold
Adele Bloch-Bouer mentre posa per Klimt
Tempo di lettura: 3 minuti

In occasione del mese dedicato alla Giornata della Memoria, il terzo appuntamento della rubrica culturale di Pass propone “The Woman in Gold”. Tratto da una storia vera, questo film tocca un argomento diverso dal solito: la razzia delle opere d’arte appartenute alle famiglie ebree più facoltose, durante il secondo conflitto mondiale.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, le persone non furono le sole ad essere colpite dall’Anschluss: l’annessione dell’Austria alla Germania nazista. Le opere d’arte appartenute alle famiglie ebree più benestanti vennero portate via con la forza e destinate alle case di generali e facoltosi tedeschi, come Hitler. Oggi le opere più importanti che si sono salvate dalla Guerra si trovano nei musei e nelle collezioni più prestigiose del mondo. Talmente tanti quadri furono rubati e nascosti, che ancora oggi moltissimi di questi sono dati per dispersi, altri invece sono stati contesi in lunghe battaglie giudiziarie per ritornare alle famiglie di appartenenza.

The Woman in Gold
I soldati tedeschi mentre confiscano le opere d’arte e gli oggetti di valore dalle case degli ebrei.

Tra queste battaglie, famosa è quella di Maria Altmann che, a seguito di una legge austriaca dei primi anni novanta sulla restituzione delle opere trafugate in periodo di guerra, decise di riappropriarsi un po’ per affezione, un po’ per giustizia, della famosa opera di Klimt Ritratto di Adele Bloch-Bouer esposta alla Galleria del Belvedere di Vienna. La battaglia legale per la restituzione dell’opera viene quindi raccontata nel film del 2015 The Woman in Gold.

Il film si sviluppa attraverso l’intreccio di due trame narrative diverse: il passato e il presente di Maria. I frequenti flashback ci portano indietro nel tempo mostrando i momenti più spensierati e felici vissuti in casa Bloch-Bouer. Tra questi, viene ricordato il meraviglioso rapporto con sua zia Adele, musa del pittore Gustav Klimt e soggetto di diverse opere commissionate dal marito. Opere che però andarono totalmente perdute con l’arrivo dei soldati tedeschi a Vienna, tra cui il famoso Ritratto di Adele Bloch-Bouer, rinominato successivamente Woman in Gold per nascondere le origini ebraiche della donna raffigurata nel dipinto.

Per sfuggire alla violenza dei soldati tedeschi Maria sarà costretta ad abbandonare di nascosto l’Austria assieme a suo marito, lasciando i suoi amati genitori e tutti i ricordi di un passato felice a Vienna. Obbligata a rinunciare a quella che considerava casa sua soltanto perché ebrea, ricomincerà una nuova vita in America, con la convinzione di non tornare mai più nella terra che la rifiutò dopo averle tolto tutto.

The Woman in Gold
In una scena del film, Maria Altmann e l’avvocato Schönberg durante la battaglia legale.

Nel film viene raccontata quindi la lunga e difficile battaglia legale di Maria Altmann, iniziata dopo il ritrovamento di alcune lettere riguardanti un tentativo di restituzione fallito in passato da parte di sua sorella. Assistita dal giovane avvocato Randol Schönberg, nipote del compositore Arnold Schönberg fuggito negli Stati Uniti perché ebreo, Maria cercherà di riappropriarsi del ritratto di sua zia Adele, esposto nella Galleria del Belvedere di Vienna e rinominato la “Monna Lisa” d’Austria. Non sarà facile però fare i conti con un paese che, sebbene abbia riconosciuto gli errori del passato, non riesce ad accettare la perdita di un’opera così importante, facendo di tutto per scoraggiare e intralciare la signora Altmann.

Considerato il valore oggettivo delle opere di Gustav Klimt, presenti in tutti i libri di storia d’arte moderna, per Maria Altmann la battaglia non aveva nulla a che vedere con i soldi. Per lei riottenere il ritratto di sua zia significava ricongiungersi a lei e allo stesso tempo riappropriarsi di una vita che i soldati nazisti e la guerra le avevano strappato via. Per Altmann tornare come ospite nei luoghi che una volta aveva considerato “casa” è un salto nel passato difficile da affrontare. Lottare per qualcosa che è sempre stato suo di diritto – come testimonia il testamento dello zio – è il motore che le dà la forza per non mollare. Anche se significa avere l’Austria contro. Per la sua famiglia, per sua zia, per gli ebrei che come lei sono stati privati dei loro ricordi e della loro vita. Per la giustizia.

Per leggere la seconda puntata della rubrica culturale dedicata alla Giornata della Memoria “Il Pianista: orrore e speranza sulle note di Chopin”, clicca qui.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

17 − sedici =